Hoseok 23 Luglio, 2010
Al tre, sentii come una risata, come un’allucinazione. Successivamente, vidi passare il me di un tempo, mentre teneva le mani di qualcuno. Mi guardai velocemente alle spalle, ma non c’era nessun altro se non i miei compagni di classe che mi stavano fissando. “Hoseok-ah.” La maestra mi chiamò. Solo in quel momento realizzai dove fossi. Eravamo in un’uscita didattica di classe. Stavo contando la frutta disegnata sul libro. Cinque, sei. Continuai a contare, ma mentre lo stavo facendo la mia voce iniziò a tremare e le mie mani erano erano diventate madide di sudore. Il ricordo di quel giorno continuava a riemergere.
Non riuscii a ricordare con chiarezza il volto di mia madre, quel giorno. Ricordai solo la barretta di cioccolato che mi diede mentre giravamo il parco giochi. “Hoseok-ah. Conta fino a dieci e poi apri gli occhi.” Quando finii di contare e aprii gli occhi, mia madre non c’era più. Avevo aspettato e aspettato, ma non era mai tornata. Avevo contato solo fino a nove. Se avessi contato un’altra cifra, sarebbe andato tutto bene, ma la mia voce non riusciva ad uscire. Le mie orecchie fischiavano e tutto ciò che mi circondava aveva iniziato a diventare sfocato. La maestra continuava ad indicare, dicendomi di riprendere a contare. I miei amici mi stavano fissando. Non riuscivo a ricordare il volto di mia madre. Avevo l’impressione che se avessi contato un’altra cifra, mia madre non sarebbe proprio più tornata a prendermi.
Poi, semplicemente, crollai a terra.
Jimin 6 Aprile, 2011
Ero davanti ai cancelli dell’Arboreto Fiorito, solo. Il tempo era plumbeo e abbastanza freddo, ma ero di buon umore. Era il giorno del picnic, ma mia madre e mio padre erano entrambi occupati. Inizialmente ne rimasi deluso. Ma avevo ricevuto complimenti al contest di disegni floreali, e le madri dei miei amici avevano detto “Wow, Jimin è così maturo.” In quel momento mi ero sentito un po’ importante.
“Jimin, aspetta qui. La maestra torna subito.” Così aveva detto la maestra, una volta finito il picnic, ma non la aspettai. Ero sicuro di poter tornare da solo. Afferrai le spalline del mio zaino con entrambe le mani e mi incamminai convinto. Mi sembrava gli altri mi fissassero, quindi raddrizzaì ancora di più le spalle. Dopo un po’, iniziò a piovere. I miei compagni e le loro madri se ne erano già tutti andati, nessuno mi stava cercando, mi facevano male le gambe. Coprii la testa con lo zaino e mi accovacciai sotto un albero. La pioggia stava iniziando a cadere più intensamente, e da quelle parti non stava passando nessuno. Alla fine, iniziai a correre sotto la pioggia. Non vidi nessuna casa, nessun negozio. Raggiunsi il cancello sul retro dell’arboreto. L’entrata laterale era aperta e dava su una sorta di deposito.
Yoongi 19 Settembre, 2016
Il fuoco bruciava rosso cremisi. La casa in cui avevo vissuto fino a quella mattina era avvolta dalle fiamme. Alcuni conoscenti mi stavano correndo incontro, urlando qualcosa. I nostri vicini camminavano a passi rapidi. Dissero che l’ingresso non era sicuro e il camion dei pompieri non era riuscito ad entrare. Si era fermato lì dov’era in quel momento.
Esattamente a fine estate. Stava iniziando l’autunno. Il cielo era azzurro e l’aria era secca. Non sapevo cosa dovevo pensare, cosa provare, cosa fare. Poi mi riaffiorò in mente un pensiero: ‘Ah, Mamma.’ Subito dopo, la casa crollò con un forte rumore. La casa avvolta dalle fiamme– no, la casa che era diventata essa stessa le fiamme, il tetto, i pilastri, perfino la mia stanza crollarono, come se fosse una casa fatta di sabbia. Rimasi in piedi e osservai stupefatto.
Qualcuno mi spinse di lato. Dicevano che il camion dei pompieri era entrato. Un’altra persona mi aveva afferrato e mi aveva fatto pressione per ottenere una risposta. Quella persona mi aveva guardato dritto negli occhi e aveva urlato una domanda, ma non avevo sentito nulla.
“C’è qualcuno dentro?” Fissai quella persona senza parlare. “C’è tua mamma dentro?” La persona mi afferrò per le spalle e mi scosse. Inconsapevolmente, risposi: “No. Non c’è nessuno.” “Che cosa stai dicendo?”, disse una donna del vicinato, “E tua mamma? È andata da qualche parte?” “Non c’è nessuno.” Nemmeno io sapevo cosa stessi dicendo. Qualcuno mi spinse nuovamente.
Yoongi 12 Giugno, 2019
Marinai scuola senza pensarci, ma a dirla tutta non c’era un luogo in cui andare. Faceva caldo, non avevo soldi, e non avevo niente da fare. Era stato Namjoon ad aver detto di andare al mare. I più piccoli sembravano emozionati all’idea, ma non me la sentivo granché, però non la reputavo nemmeno pessima come idea. “Abbiamo dei soldi?” Alla mia domanda, Namjoon fece scrollare le tasche a tutti. Qualche moneta e qualche banconota. “Quindi non possiamo andare.” Qualcuno propose di andare semplicemente a piedi, Taehyung probabilmente. Namjoon fece uno sguardo come a dire di ripensarci, ma i ragazzi semplicemente si allontanarono chiacchierando, ridendo e facendo finta di barcollare per strada, prima di proseguire. Non ero dell’umore per ribattere, perciò semplicemente li seguii a ruota. Era mezzogiorno, nemmeno gli alberi di ginkgo potevano offrire ombra, e le macchine, passandoci accanto, gettavano in continuazione polvere sul bordo della strada, senza marciapiede .
“Andiamo là.” Era stato Taehyung anche questa volta. O era stato Hoseok? Non mi interessava particolarmente, perciò non ci feci caso, ma deve essere stato uno di loro due. Stavo camminando a testa china, calciando la terra, ma prima di scontrarmi con qualcuno alzai il capo. Jimin si era fermato, in piedi, come pietrificato. I muscoli del suo volto tremavano come se avesse appena visto qualcosa di terrificante. Stava fissando un cartello stradale che riportava “Arboreto Fiorito, 2.2 km.”
“Non voglio più camminare.” Sentii la voce di Jungkook. Gocce di sudore scivolarono dal volto di Jimin. Impallidì, sembrava l’avremmo visto crollare a terra da un momento all’altro. Cos’era quel presentimento? Avevo una strana sensazione addosso. “Park Jimin.” Lo chiamai, ma come mi aspettavo, non si mosse. Alzai nuovamente la testa e guardai il cartello.
“Ehi, fa troppo caldo, perché mai dovremmo andare in un arboreto? Andiamo al mare” dissi, facendo finta di trascinarmi dietro i piedi. Non sapevo che tipo di luogo fosse l’arboreto, ma non sembrava il posto dove conveniva andare. Qualunque fosse il motivo, l’espressione di Jimin era strana. “Non abbiamo nemmeno i soldi” rispose Hoseok, “È per quello che stiamo camminando.” E Taehyung aggiunse: “Se camminiamo verso la stazione ferroviaria forse ce la facciamo.” In seguito Namjoon disse: “A quel punto, per cena, faremo la fame”. Jungkook e Taehyung finsero di piangere, e Seokjin hyung rise. Jimin riprese a muoversi nuovamente solo dopo che fu presa la decisione di prendere la strada verso la stazione ferroviaria. Camminando a capo chino e con le spalle tremanti, Jimin mi sembrò un piccolo bambino. Guardai di nuovo in alto, al cartello. Le lettere che formavano “Arboreto Fiorito” si stavano gradualmente allontanando sempre più.
Taehyung 20 Marzo, 2020
Scivolai lungo il corridoio, a passi rumorosi. Poi mi fermai. Riuscivo a vedere Namjoon in piedi di fronte alla ‘nostra aula’. La nostra aula. Nessuno lo sapeva, ma avevo chiamato quel luogo la nostra aula. Mia, degli hyung e di Jungkook, era nostra. Trattenni il respiro e mi avvicinai. Avevo intenzione di coglierlo di sorpresa.
“Preside!” Non avevo nemmeno fatto cinque passi quando sentii una voce impellente provenire dalla finestra aperta dell’aula. Sembrava quella di Seokjin hyung. Fermai il passo. Seokjin hyung stava parlando con il preside in questo momento? Nella nostra aula? Perché? Successivamente sentii il mio nome insieme a quello di Yoongi hyung, e vidi Namjoon hyung indietreggiare con un sussulto. Come se l’avesse percepito, Seokjin hyung aprì la porta di colpo. Aveva un cellulare in mano. In viso evidenti segni di shock e confusione. Non riuscii a vedere l’espressione di Namjoon hyung. Mi nascosi e osservai. Seokjin hyung aprì la bocca, forse per inventare una scusa, ma Namjoon hyung sollevò una mano e disse: “Basta così.” Seokjin hyung sembrò confuso. “Devi avere avuto un motivo per farlo.” Dopo aver parlato, Namjoon hyung oltrepassò Seokjin hyung ed entrò in aula. Non riuscivo a crederci. Seokjin hyung aveva detto al preside che cosa avevamo fatto io e Yoongi hyung nei giorni scorsi. Gli aveva detto tutto, di noi che marinavamo le lezioni, che ci arrampicavamo sul muro e delle risse con gli altri ragazzi. Ma Namjoon hyung ha detto che andava bene così.
“Cosa ci fai qui?” Mi girai indietro, sconvolto. Erano Hoseok hyung e Jimin. Hoseok fece finta di essere ancora più sconvolto, poi gettò il suo braccio sulle mie spalle. In un attimo di confusione permisi a Hoseok hyung di trascinarmi dentro l’aula. Namjoon hyung e Seokjin hyung stavano parlando, ed alzarono lo sguardo. Seokjin hyung si alzò in piedi di fretta e, dicendo di aver avuto un imprevisto, lasciò l’aula. Guardai l’espressione di Namjoon hyung. Aveva osservato la schiena di Seokjin hyung mentre si allontanava, ma ora stava ridendo come se non ci fosse nessun problema. In quel momento, un pensiero mi balzò in mente. Namjoon hyung doveva avere avuto un motivo per fare quello che aveva fatto. Perché hyung ne sapeva più di me, ed era più intelligente e maturo. E perché questa era la nostra aula. Entrai sfoggiando il mio ingenuo sorriso che gli altri avevano battezzato con simpatia ‘sorriso squadrato’. Pensai di non dire a nessun altro di aver sentito accidentalmente quella conversazione.
Seokjin 17 Luglio, 2020
Varcati i cancelli della scuola, il suono delle cicale mi ronzava nelle orecchie. Il cortile era pieno di ragazzi che ridevano, giocavano e si sfidavano l’un l’altro. Era l’inizio delle vacanze estive e tutti stavano conversando. Abbassai la testa e passai lì in mezzo. Volevo andare via il più in fretta possibile.
“Hyung.” Alzai la testa, sorpreso dall’improvvisa comparsa dell’ombra di qualcuno. Erano Hoseok e Jimin. Mi guardarono con i loro soliti grandi e allegri sorrisi e col loro sguardo astuto. “Oggi iniziano le vacanze estive, stai davvero andando via?” chiese Hoseok, strattonando il mio braccio. Mormorai ‘certo, certo’ e qualche altra parola insensata, per poi voltarmi.
Ciò che accadde quel giorno fu chiaramente un incidente. Non lo feci volontariamente. Non immaginavo che Jungkook e Yoongi fossero nello sgabuzzino, in quel momento. Il preside sospettò che stessi coprendo i miei dongsaeng. Disse che avrebbe riferito a mio padre che non stavo facendo il bravo studente. Dovevo dire qualcosa. Ho indicato il nascondiglio perché pensavo fosse vuoto. Ma alla fine, Yoongi era stato espulso. E nessuno sapeva che ne fui complice.
“Buone vacanze, hyung! Ti chiamerò” Hoseok abbassò leggermente la mano e forzò un saluto ancora più radioso, forse dopo aver letto la mia espressione. Non risposi neanche a quel tentativo. Non c’era nulla che potessi dire. Una volta varcata l’uscita, pensai al mio primo giorno in quella scuola. Ci avevano punito tutti insieme per aver fatto ritardo. Per quell’aneddoto, ci scherzammo su. Avevo rovinato tutti quei momenti.
Jungkook 30 Settembre, 2020
“Jeon Jungkook. Non dirmi che stai ancora andando in quel posto, vero?” Non risposi. Rimasi semplicemente in piedi, con gli occhi fissi sulle punte delle mie scarpe. Quando non risposi, mi colpì in testa con il registro. Ma nonostante ciò, non aprii bocca. Era l’aula che usavo con gli hyung. Da quando avevo seguito gli hyung in giro e avevamo scoperto quell’aula, non c’era stato giorno in cui non ci fossi andato. Forse gli hyung non lo sapevano. A volte non venivano, perché avevano altri impegni o erano occupati con i loro lavori part-time. Non vedevo Seokjin hyung e nemmeno Yoongi hyung da un po’ di giorni. Ma io no. Non avevo saltato un singolo giorno. C’erano giorni in cui nessuno si faceva vivo. Ma andava bene così. Se non fossero venuti oggi, sarebbero venuti domani, e se non domani allora il giorno dopo, perciò andava bene così.
“Hai imparato solo cose negative, seguendoli in giro.” Mi colpì di nuovo. Alzai il mio sguardo e lo fissai. Mi colpì di nuovo. L’immagine che mi riaffiorò in mente fu quella di Yoongi hyung che veniva colpito. Serrai le mascelle e sopportai. Non volevo mentire e dire di non esserci andato.
Adesso ero ancora in piedi davanti a quell’aula. Avevo l’impressione di poter trovarvi gli hyung, se avessi aperto la porta. Avevo l’impressione di vederli distogliere lo sguardo dal gioco che stavano facendo e chiedermi perché fossi in ritardo. Seokjin hyung e Namjoon hyung sarebbero stati lì a leggere dei libri, Yoongi hyung sarebbe stato lì a suonare il pianoforte, mentre Hoseok hyung e Jimin hyung starebbero ballando.
Invece, quando aprii la porta, c’era solo Hoseok hyung. Stava ripulendo quel che avevamo lasciato in aula. Afferrai la maniglia e rimasi lì fermo. Hyung mi venne incontro e posò il suo braccio sulle mie spalle. Poi mi condusse fuori. “Andiamo.” La porta dell’aula si chiuse alle nostre spalle. Improvvisamente realizzai– quei giorni erano ormai andati, e non sarebbero più tornati.
Namjoon 17 dicembre, 2021
Le persone che aspettavano l’autobus si sfregavano le mani per il freddo. Io fissavo la sporcizia, con le mani aggrappate al manico della mia borsa. Provavo a non incrociare lo sguardo di nessuno. Era un paesino di campagna, dove passavano solo due autobus. Da lontano, vidi il primo avvicinarsi.
Salii sul bus, dietro tutti gli altri. Non mi guardai indietro. Quando avevo una determinata passione, seppur piccola, quando non mi restava altro che rifugiarmici… avevo una regola. Non mi sarei voltato. Nel momento in cui lo fai, tutti gli sforzi fatti fino a quel punto diventano vani, come spuma d’oceano. Guardarsi indietro. Si trattava di una sorta di sospetto, di attaccamento, di paura. Solo dopo aver superato tutto questo, ero riuscito a scappare.
Il bus partì. Non avevo piani. Non avevo nulla che mi appassionasse, nulla a cui aggrapparmi, niente da cui scappare. Sembrava quasi una fuga a vuoto. Il volto stanco di mia madre. Mio fratello girovago, la malattia di mio padre. A partire dalla situazione in casa nostra che diventava sempre più difficile. Dalla mia famiglia, sinonimo si sacrificio e tranquillità, e da me che fingevo di non sapere nulla e mi trattenevo, cercando di adattarmi e crescere, rassegnato. Ma soprattutto, via dalla povertà.
Se qualcuno chiedesse se essere poveri sia un crimine, tutti direbbero di no. Ma è davvero così? La povertà logora molte cose. Ciò che un tempo aveva importanza, diventa insignificante. Rinunci a ciò a cui non puoi rinunciare. Diventi sospettoso, impaurito e rassegnato.
L’autobus si sarebbe fermato ad una fermata familiare in un paio d’ore. Quando, un anno prima, me ne ero andato, non avevo lasciato nessun messaggio. E ora stavo ritornando, senza nessun preavviso. Provai a ricordarmi i volti dei miei amici. Avevo dovuto tagliare con loro ogni ponte. Cosa stavano facendo? Saremmo stati in grado di ritrovarci e ridere tutti insieme come un tempo? I finestrini erano appannati e mi impedivano di osservare il paesaggio. Sopra lo strato di condensa, mossi lentamente il mio dito. “Devi sopravvivere”.
Seokjin 11 Aprile, 2022
Con una sgommata, a fatica la macchina si arrestò. Ero così perso nei miei pensieri da non aver visto la luce cambiare. Degli studenti in una familiare uniforme attraversarono la strada e mi fissarono attraverso il parabrezza. Alcune persone mi stavano indicando. Ho forzato un sorriso e ho chinato la testa.
Sapevo cosa dovevo fare. Ma non è che non provassi paura. Davvero potevo porre fine a tutte quelle disgrazie e dolori? Ripetere lo stesso errore non significa forse che il successo è irrealizzabile? Non è un invito a smetterla? Non è che la felicità, per noi, non è altro che un’insignificante speranza? Innumerevoli pensieri mi affollavano la mente.
D’un tratto mi avvicinai all’incrocio nei pressi della stazione di benzina, da lontano potevo vedere Namjoon servire i clienti. Feci un respiro profondo e espirai lentamente. Provai a richiamare alla memoria i loro visi, uno ad uno: Yoongi, Hoseok, Jimin, Taehung, Jungkook. Poi cambiai corsia e mi diressi verso la stazione. Non potevo arrendermi. Se anche ci fosse stato l’un percento di possibilità, non mi sarei arreso. Da dietro il finestrino vidi Namjoon avvicinarsi.
Jimin 19 Maggio, 2022
Alla fine, dovetti andare all’Arboreto Fiorito. Dovevo smettere di dire a me stesso che non ricordavo nulla di quello che era accaduto lì. Dovevo smettere di vivere nascondendomi in ospedale e smettere di avere crisi epilettiche. E per farlo, sarei dovuto andare in quel posto. Tutti i giorni, con quell’intento, passai davanti alla fermata, ma non riuscivo mai a prendere l’autobus per recarmici.
Dopo aver fatto passare già tre autobus, Yoongi hyung arrivò e mi sedette di fianco. Chiesi come stessero andando le cose e hyung rispose che era annoiato e che non aveva nulla da fare. Allora mi chiese cosa stessi facendo lì seduto. Abbassai la testa e calciai la terra con la punta della scarpa. Pensai al perché me ne stessi lì seduto. Perché mi mancava il coraggio. Volevo pretendere di stare bene adesso che ero a conoscenza di alcune cose, adesso che avevo superato tutto con le mie forze, ma in realtà avevo paura. Temevo di poter incontrare qualcosa, di non riuscire a sopportarla, di poter avere un altro attacco.
Yoongi hyung sembrava rilassato. Si lasciò cadere a terra come se nulla al mondo lo preoccupasse, disse che in tempo era bello, parlò di tutte queste cose inutili. Dopo averlo ascoltato, mi accorsi che il tempo era realmente bello. Ero stato così preoccupato da non rendermi conto di ciò che mi circondasse. Il cielo era così blu. Soffiava, di tanto in tanto, una brezza calda. Da lontano, la navetta per l’arboreto stava arrivando. Il bus si fermò e le porte si aprirono. Il conducente mi guardò. D’impulso chiesi
“Hyung, ti va di accompagnarmi?”
Jungkook 2 Maggio 2022
Quando alzai il capo, mi ritrovai di fronte al container di Namjoon hyung. Aprii la porta e entrai. Raccolsi gli indumenti sparsi lì intorno, mi coprii e mi ragnicchiai. Il freddo calò su di me. Il mio intero corpo iniziò a tremare, e sentivo l’impulso di piangere. Ma non versai lacrime.
Quando avevo aperto la porta ed ero entrato, Yoongi hyung era in piedi sul letto. Le fiamme si stavano innalzando dal margine della coperta. In quel momento il mio intero corpo era diventato un misto di rabbia e paura, e non ero riuscito a fermarmi. Non ero una persona brava ad esprimersi. Ero lento a comunicare i miei sentimenti o a convincere qualcuno. Lacrime iniziarono a sgorgare dai miei occhi e tossii ma le parole non uscivano. Mentre correvo tra quelle fiamme le uniche parole che ero riuscito a tirare fuori erano state, “Ci siamo promessi di andare al mare insieme.”
“Cosa c’è? Hai avuto un incubo?” Aprii gli occhi, qualcuno mi stava scuotendo le spalle. Era Namjoon hyung. Non so perché mi sentii sollevato. Hyung mi toccò la fronte e disse che avevo la febbre. A quanto pare era così. L’interno della mia bocca era bollente, ma avevo un freddo insostenibile. Avevo un mal di testa pulsante e mi faceva male la gola. Ero riuscito a malapena a mandar giù la medicina che hyung mi aveva portato. “Dormi un altro po’. Parliamo più tardi.” Annuii. Poi dissi: “Posso diventare un adulto come te, hyung?” Namjoon hyung ricambiò il mio sguardo.
Hoseok 20 Maggio, 2022
Presi Taehyung e mi voltai verso l’agente di polizia: “Grazie per il disturbo.” Nonostante la mia testa fosse china e avessi parlato con tono risoluto, il mio animo non rispecchiava nulla di tutto ciò. La casa di Taehyung non era lontana dalla stazione di polizia. Se fosse abitato più lontano, sarebbe comunque stato nella stazione di polizia così spesso? Perché i genitori di Taehyung avevano scelto un luogo così vicino alla stazione di polizia? Il mondo era così ingiusto con un ragazzino così ingenuamente gentile e sensibile. Misi un braccio in spalla a Taehyung, chiedendogli se avesse fame, come se nulla fosse. Taehyung scosse la testa. Chiesi se l’agente fosse stato così contento di vederlo da avergli comprato del cibo, ma non rispose.
Camminammo sotto la luce del sole. Nel mio cuore, soffiò un vento gelido. Se questo è quello che provo io, come sentirà lui? Quanto doveva essere lacerato e spezzato il suo cuore? Gli era ancora rimasto un cuore, almeno? Quanto dolore al suo interno? Non riuscii a guardarlo, pensando a tutto ciò, così guardai il cielo. Nella luce indistinta del sole stava passando un aereo. La prima volta che vidi le ferite sulla schiena di Taehyung era stata la prima volta che lo avevo incontrato nel container, il nascondiglio di Namjoon. Non avevo detto nulla a Taehyung, che rideva allegramente per aver ricevuto in dono una nuova T-shirt, ma un pezzo del mio cuore si era spezzato con un tonfo.
Non avevo genitori. Non avevo alcuna memoria di un padre, e i ricordi che avevo di mia madre arrivavano fino ai 7 anni. Quando si parlava di vita dolorosa in famiglia, nessuno avrebbe invidiato la mia. Le persone finiscono per dire cose di questo genere. Che bisogna superare il proprio dolore, accettarlo e abituarsi ad esso. Che bisogna riappacificarsi, perdonare. Che solo quando lo si fa, si riesce vivere. Non ero riuscito a farlo non perché non lo sapessi; non volevo farlo. Niente ti è dato solo perché ci provi. Nessuno mi aveva detto come fare. Il mondo mi aveva inflitto nuove ferite ancor prima che le vecchie si fossero rimarginate. Sapevo che non esisteva nessuno al mondo senza ferite. Ma perché una persona deve avere ferite così profonde? Era necessario? Perché erano successe cose di quel genere?
“Va bene così, hyung. Posso continuare da solo”, disse Taehyung, al bivio. “Lo so, idiota.” Non ci diedi peso e continuai a guidarlo. “Ho detto che sto bene. Guarda, non è niente.” Taehyung cercò di sorridere. Non risposi. Il fatto che stesse bene era fuori questione. Non stava bene ma non sopportava ammetterlo. Distolse lo sguardo. Era sua abitudine. Taehyung si tirò su il cappuccio e mi seguì. “Davvero non hai fame?” chiesi, mentre ci avvicinavamo al viale di casa sua. Taehyung mostrò il suo ingenuo sorriso e annuì. Osservai la sua schiena allontanarsi, poi mi voltai. I sentieri sui quali io e lui stavamo camminando erano entrambi stretti e desolati. Eravamo entrambi soli. Mi guardai improvvisamente alle spalle, quando il mio cellulare squillò.
Taehyung 20 Maggio, 2022
Mi guardai le mani. Erano sporche di sangue. Improvvisamente tutta la forza che avevo abbandonò le mie gambe. Stavo per cadere a terra, quando qualcuno mi afferrò da dietro. Raggi di sole torbidi stavano facendo il loro ingresso nella stanza. Qualcuno stava piangendo, e Hoseok hyung era in piedi, lì, in silenzio. La coperta e i beni sporchi della famiglia erano sparsi per casa come lo erano sempre stati. Non c’era nessuno, lì dove mio padre era stato in piedi poco prima. Non riuscii a ricordare quando o come avesse lasciato la stanza.
La rabbia e la tristezza che avevo provato nel momento in cui lo avevo attaccato erano ancora forti dentro di me. Non sapevo cosa mi avesse fermato dal pugnalarlo. Non sapevo come poter consolare il mio cuore, sull’orlo di impazzire. Non volevo uccidere mio padre, volevo morire. Se avessi potuto, avrei voluto morire in quel preciso istante. Non piansi. Volevo piangere, volevo urlare, volevo calciare, distruggere e rovinare quel che c’era intorno, volevo mandare tutto all’aria, ma non riuscii a fare nulla di tutto ciò.
“Hyung, scusa. Sto bene, puoi andare.” La mia voce uscì secca, al contrario della follia di cui era in preda il mio cuore. Non sembrava nemmeno mia la voce. Mandai via hyung, che non sembrava voler andarsene, poi mi guardai le mani. Il sangue stava gocciolando dalla garza bianca. Al posto di pugnalare mio padre, ero caduto in terra con la bottiglia di alcol. Questa si era frantumata e mi aveva tagliato la mano. Quando chiusi gli occhi, il mondo iniziò a girarmi intorno. Cosa pensare, che fare, come vivere. Quando ritornai in me, mi ritrovai a guardare in basso, al numero di cellulare di Namjoon hyung. Anche in questa situazione– no, proprio perché mi trovavo in questa situazione, davo ancora più importanza alla sua esistenza. Avrei voluto dirglielo. Hyung ho, ho quasi ucciso mio padre, colui che mi ha cresciuto, colui che mi ha picchiato violentemente ogni giorno. No, a dir la verità, l’ho ucciso. L’ho ucciso così tante volte. Dentro di me l’ho ucciso così tante volte da non sapere nemmeno da dove iniziare a contarle. Vorrei ucciderlo. Vorrei ucciderlo definitivamente. Non so che fare adesso, non so nulla. Hyung, vorrei solo vederti in questo momento.
Namjoon 22 Maggio, 2022
“C’è solo un anno di differenza. No, nessuno ha detto questo. So di essere il suo hyung, ma non sarà un bambino per sempre. Mi sto solo chiedendo se non sia ora di dirgli qualcosa. No, capisco. No, non sono arrabbiato. Mi spiace.”
Riattaccai la cornetta e fissai per terra. Una tiepida brezza oceanica si fece strada nella pineta. La sensazione nel mio petto era così soffocante che mi sembrava di esplodere da un momento all’altro. Per terra, tra la sabbia e la sporcizia, delle formiche avevano creato una fila, dirigendosi da qualche parte. Ed io, più grande sia intellettualmente che fisicamente, avevo una destinazione? Perché proseguivo, e cosa sarebbe successo in futuro?
Non è che non amassi i miei. Non è che non mi preoccupassi di mio fratello. Avendone l’occasione, sarei volentieri scappato, ma visto che non potevo fare a meno di essere me stesso, ovviamente non riuscivo a farlo del tutto. E in quel caso, che senso aveva sforzarsi, arrabbiarsi, rimanerci male o volersene andare?
Non molto lontano, vidi la schiena di qualcuno, fermo, immobile, proprio come me. Era Jungkook. Una volta Jungkook disse qualcosa del tipo: “Vorrei essere un adulto come hyung.” Allora non potevo dirglielo. Non potevo dirgli che non ero un buon adulto. Dirglielo sarebbe stato crudele. Come mi era possibile dire a qualcuno che non aveva mai ricevuto l’amore, la fiducia e l’interesse che avrebbe dovuto ricevere… come mi era possibile dirgli che crescere, diventare più alti e vivere un po’ di più non faceva di te un adulto? Speravo che il futuro di Jungkook fosse più roseo del mio, ma non potevo promettere che lo avrei aiutato durante quel processo. Mi avvicinai a lui e circondai le sue spalle con un braccio. Jungkook sollevò lo sguardo e mi guardò.
Yoongi 15 Giugno, 2022
Non ero cosciente di nulla se non della musica che echeggiava nella mia testa. Non ero consapevole né di quanto avessi bevuto, né di dove fossi, e nemmeno cosa avessi fatto fino a quel momento. Non lo sapevo, e non mi importava nemmeno. Quando uscii, malfermo, era già notte. Mentre camminavo, barcollavo. Scontrai contro pedoni, chioschi, muri. Non mi importava. Volevo solo dimenticare tutto.
La voce di Jimin mi risuonava ancora nelle orecchie. “Hyung, Jungkook…” Poi, ricordo di aver corso come un matto su per le scale dell’ospedale. Il corridoio dell’edificio era stranamente più lungo e buio del solito. Avevo sorpassato delle persone con dei camici da ospedale. Il mio cuore sussultò. I volti di quelle persone erano eccessivamente pallidi. Non avevano alcuna espressione sul volto. Sembravano tutti quanti morti. Sentivo il suono del mio respiro affannato nella mia stessa testa.
Jungkook era lì, nella stanza d’ospedale, la porta socchiusa. Mi voltai senza rendermene conto. Non riuscivo a guardarlo. In quell’istante sentii improvvisamente il suono di un pianoforte, il suono delle fiamme e di un edificio in crollo. Afferrai la mia testa e caddi in terra. ‘È colpa tua. Se non fosse stato per te…’ Era la voce di mia madre– no, la mia voce– no, la voce di qualcuno. A quelle parole, fui tormentato da innumerevoli immagini. Volevo credere che non fosse quella la realtà. Ma Jungkook era lì. Jungkook era disteso in quella stanza, su un corridoio che dava a un via vai di pazienti cadaverici. Non mi sentivo assolutamente in grado di entrare. Non riuscivo a verificare di persona. Quando mi alzai in piedi, le gambe minacciarono segni di debolezza. Lasciai il posto con gli occhi colmi di lacrime. Che ironia. Non riuscivo nemmeno a ricordare quando fosse stata l’ultima volta in cui avessi pianto.
Stavo per attraversare la strada, quando qualcuno mi afferrò per il braccio e mi fermò. Chi era? No, non mi importava. Indipendentemente da chi fosse stato, non sarebbe cambiato nulla. Non ti avvicinare. Vattene. Lasciami in pace. Non voglio ferire anche te. Non voglio essere ferito. Quindi ti prego, non avvicinarti oltre.
Jimin 4 Luglio 2022
Non appena tornai in me, avevo lavato così tanto il braccio da spellarlo. Le mie mani stavano tremando e avevo il fiato corto. I miei occhi riflessi nello specchio erano arrossati. Ciò che era appena accaduto mi tornò in mente in modo frammentario.
Per un attimo avevo perso la concentrazione. Stavo ballando con una noona del club di danza, un ballo di coppia, poi persi il ritmo, e ci siamo scontrati. Caddi per terra e il mio braccio iniziò a sanguinare. In quel momento ricordai cosa era successo all’Arboreto Fiorito. Pensavo di averlo superato. Ma non era così. Mi vidi costretto a scappare. A lavare via tutto. Distolsi lo sguardo. Nello specchio c’era lo stesso bambino di otto anni che era scappato sotto la pioggia. Improvvisamente realizzai. Anche noona era caduta a terra.
Non c’era nessuno nella sala prove. Dalla porta aperta potevo vedere la pioggia cadere copiosa. Il lontananza vidi Hoseok hyung correre. La pioggia lo stava bagnando. Presi un ombrello e corsi fuori anche io. Corsi, e poi mi fermai.
Non c’era nulla che potessi fare. Tutto quello che avevo fatto era stato cadere e far del male a una persona, lasciarla alle mie spalle e soffrire del mio dolore, per poi correrle dietro con un ombrello quando ormai era troppo tardi, e fermarmi. Ad ogni passo, la pioggia inzuppava sempre più le mie scarpe. I fari delle macchine mi passavano davanti. Non andava bene. No, andava bene. Non faceva male. Non era una ferita così grave. In realtà stavo bene.
Hoseok 4 Luglio, 2022
Ero rimasto nel corridoio per tutto il tempo in cui veniva soccorsa. Nonostante fosse notte, il corridoio dell’ospedale era gremito di persone. Gocce di umidità scivolarono dai miei capelli, bagnati dal sudore e dalla pioggia. Feci cadere la borsa che le avevo preso dalle spalle. Ne uscirono alcuni oggetti. Rotolò via qualche moneta, una penna a sfera e un asciugamano. Nel mezzo di tutto ciò si trovava un biglietto economy d’aereo. Lo raccolsi e lo analizzai.
In quel momento, il dottore mi chiamò. Mi disse che era una lieve commozione cerebrale, nulla di cui preoccuparsi, e dopo un po’ uscì anche lei. “Stai bene?” Disse che le faceva giusto un po’ male la testa, e mi prese la borsa dalle mani. Dopodiché notò il biglietto che spuntava, e mi guardò. Mi misi il borsone in spalla e le dissi che era ora di andarcene, facendo finta di nulla. Uscendo dall’ospedale, la pioggia era ancora incredibilmente persistente. Rimanemmo lì, in piedi, uno di fianco all’altro, fuori dall’ingresso.
“Hoseok-ah.” disse. Sembrava volesse dirmi qualcosa. “Aspetta qui un attimo. Vado a prendere un ombrello.” Corsi sotto la pioggia senza pensarci. C’era un minimarket poco distante. Sapevo avesse fatto un’audizione un po’ di tempo fa per un team di ballo oltremare. Il biglietto aereo significava che ce l’aveva fatta. Non volevo che me lo dicesse, non volevo sentire. Non mi fidavo abbastanza che sarei riuscito a congratularmi con lei.
Namjoon 13 Luglio, 2022
Appoggiai la testa al finestrino dell’autobus che andava dalla biblioteca alla stazione di benzina. Il paesaggio scorreva fuori dal finestrino, familiare da far paura, visto che facevo la stessa strada tutti i giorni. Sarebbe mai arrivato il giorno in cui mi sarei lasciato questo paesaggio alle spalle? Mi era come impossibile predire cosa sarebbe successo già il giorno dopo, figurati sperare in qualcosa.
Una ragazza era seduta di fronte a me, i suoi capelli raccolti in un elastico giallo. Le sue spalle si sollevavano per poi abbassarsi di colpo, come se stesse sospirando. Appoggiò la testa al finestrino. Era ormai un mese che studiavamo nella stessa biblioteca e prendevamo l’autobus alla stessa fermata. Non ci eravamo mai detti una parola, ma guardavamo lo stesso paesaggio, vivevamo nello stesso momento e sospiravamo gli stessi sospiri. L’elastico era ancora nella mia tasca.
La ragazza scendeva sempre tre fermate prima della mia. Ogni volta che la vedevo scendere, mi chiedevo se stesse andando a distribuire volantini. Come se la stava passando? Cosa doveva sopportare? Quanto si sentiva soffocare dal pensiero che il domani sarebbe potuto non arrivare, o che cose come il “domani” non esistessero affatto? Questi erano i miei pensieri.
La fermata della ragazza si stava avvicinando. Qualcuno prenotò la fermata e alcuni passeggeri si alzarono dai loro posti. In tutto ciò, la ragazza non si mosse. Rimase seduta, la testa appoggiata al finestrino. Sembrava stesse dormendo. Il bus si avvicinò alla sua fermata. La ragazza non si mosse. Le altre persone scesero. La porta si richiuse, e l’autobus riprese a muoversi. La ragazza non si svegliò, anche dopo aver sorpassato le successive tre fermate. Mentre mi dirigevo verso la porta d’uscita, ero in conflitto con me stesso. Era chiaro che una volta sceso io, nessun’altro le avrebbe prestato attenzione. Si sarebbe svegliata da qualche parte, lontana dalla sua fermata, e chissà quanto la cosa l’avrebbe ancora più stancata.
Lasciai la fermata e mi diressi verso la stazione di servizio. L’autobus se ne andò e io non mi voltai. Avevo lasciato l’elastico sulla sua borsa. Ma era tutto lì. Non era un inizio, e nemmeno una fine. Era qualcosa con cui iniziare, e non c’era motivo che rappresentasse qualcosa di più. Pensai quindi non fosse importante.
Taehyung 17 Luglio, 2022
Il fianco mi faceva così male che sembrava si stesse lacerando. Gocce di sudore scivolarono lungo il mio corpo. Nelle nicchie e nelle fessure della ferrovia, nel parcheggio vuoto situato dietro al supermercato, sotto il cavalcavia– la ragazza non si trovava da nessuna parte. Avevo anche corso alla fermata dell’autobus, ma come mi aspettavo non l’avevo vista. Le persone che stavano aspettando l’autobus mi rivolsero sguardi straniti. Cos’era successo? Non ci eravamo promessi un incontro, ma era comunque strano. Quella ragazza compariva sempre da qualche parte e mi seguiva sempre in giro. Anche se le avevo detto quanto fosse seccante, era stato inutile. Ma ora non si trovava da nessuna parte, anche nei luoghi in cui eravamo soliti andare insieme.
Arrivato ad un muro familiare rallentai il passo. C’erano dei graffiti, li avevamo fatti insieme. Era stata la prima cosa che aveva disegnato. Sopra i graffiti era disegnata un’enorme “X”. Era stata lei. Non l’avevo vista farlo, ma lo sapevo. Perché? Non ottenni alcuna risposta. E invece, una serie di immagini residue si sovrapposero sul muro.
Lei che rideva di me dopo essermi steso sui binari della ferrovia e aver sbattuto la testa. Lei che mi aiutava dopo essere caduto mentre la aiutavo a scappare, il suo volto arrabbiato dopo che le avevo rubato e mangiato il suo pane. La sua espressione torbida quando passavamo di fronte ad uno studio fotografico con una foto di una famiglia in vetrina. Il suo sguardo che seguiva gli studenti che passavano, di cui nemmeno lei era cosciente. Mentre stavamo colorando quel muro insieme, le avevo detto: “Se hai un problema, dimmelo, non rimuginare tra te e te.” La X era disegnata su tutti quei ricordi. Sembrava stesse dicendo che era tutta una finzione. Che fossero state tutte quante menzogne. Senza rendermene conto, serrai le mani a pugno. Perché? Ovviamente non ottenni risposta. Continuai a camminare. Eravamo di nuovo soli. Io, e lei.
Jungkook 26 Luglio, 2022
Raccolsi di nascosto dei fiori dal giardino dell’ospedale. Continuai a ridere e dovetti chinare la testa per nasconderlo. La luce di metà estate era limpida, accecante. Bussai alla porta della stanza d’ospedale, ma non ottenni risposta. Bussai nuovamente, poi aprii leggermente. La stanza era insolitamente fresca al suo interno. E non c’era nessuno. Era piena soltanto di una silenziosa oscurità.
Lasciai la stanza. L’avevo incontrata qui, quando ero annoiato, senza fiato, mentre spingevo la mia sedia a rotelle come un pazzo, su e giù per il corridoio. Era comparsa così all’improvviso che ebbi a malapena il tempo di fermarmi, lei ferma lì, una ragazza coi capelli raccolti in una coda di cavallo. Quando lasciai l’ospedale vidi una panchina. Ricordai che, seduti lì, avevamo ascoltato musica insieme e avevamo disegnato. E che là, su quel tetto, avevamo condiviso del latte alla fragola. Stavo ancora tenendo in mano i fiori di campo, ma ora non c’era più nessuno a cui potessi darli.
Seokjin 30 Agosto, 2022
Ѐ possibile ricordare il momento in cui ci si innamora? Ѐ possibile predire il momento in cui l’amore finirà? Perché gli esseri umani non possiedono l’abilità di riconosce momenti simili? E perché a me è stato dato il potere di ripristinarli tutti?
La macchina inchioda, i fari lampeggiano, l’impatto, il rimbalzo, la caduta. Non feci nulla, se non rimanere inerme dinanzi tutto ciò. Non udii alcun suono, non provai alcuna sensazione. Era estate, ma il vento sembrava gelido. Si sentì qualcosa rotolare lungo la strada. Poi arrivò il profumo dei fiori. Solo allora ripresi contatto con la realtà. Il bouquet di Smeraldo mi cadde di mano. Lei giaceva lì, in mezzo alla strada. Tra le ciocche dei suoi capelli scorreva del sangue . Sangue scuro scorreva sull’asfalto. Pensai: “Se solo potessi tornare indietro nel tempo”.
Traduzione italiana a cura di Bangtan Sonyeondan – BTS Italia. Prendere solo con crediti.
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